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Studio di Psicologia e Psicoterapia
 
Non serve un perché
alla violenza di genere
violenza
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Ogni giorno veniamo informati dalla cronaca di delitti e atti violenti perpetuati su donne, mogli, figlie. Questi eventi drammatici, che hanno a che fare sicuramente con dei cambiamenti a livello sociale sia di ruoli che di capacità di individuazione personali, ci danno un dato evidente di un problema collettivo e sociale.

Per questo motivo e per le vittime non possiamo abituarci e tacere in contesti di alla violenza.

Questo articolo, infatti, non si propone di dare delle spiegazioni clinico-psicologiche alle dinamiche che stanno dietro alla violenza di genere, che implicano una relazione non paritaria e il tentativo ultimo di perpetuare un potere da parte di un uomo su una donna.

Questo articolo, piuttosto, ha l’obiettivo di sottolineare come gli atti violenti si possono ritrovare in tanti comportamenti del quotidiano e in qualsiasi tipo di relazione dove uno esercita un potere sull’altra.

La violenza può essere infatti di tipo verbale, economica, psicologica, fisica, fino ad arrivare all’atto ultimo: il femminicidio.

Spesso le donne che subiscono violenza hanno una consapevolezza parziale di quello che vivono e solitamente la loro richiesta di aiuto arriva nel momento in cui hanno paura per sé o per i propri figli.

Lavorare contro la violenza significa dunque accogliere e supportare su vari aspetti della vita le donne che vorrebbero interrompere la relazione violenta.

In questo caso prezioso è il lavoro dei centri antiviolenza (CAV) a cui le donne si possono rivolgere per avere un supporto psicologico e sociale totalmente gratuito

Le donne all’interno dei percorsi dei centri antiviolenza possono usufruire di vari servizi da quello legale, all’orientamento al lavoro, al supporto sociale e strutturare un deciso personalizzato di fuoriuscita dalla violenza.

L’ulteriore obiettivo dei CAV è incrementare l’autonomia affinché le donne siano indipendenti sia dalla relazione che su un piano economico e personale.

Anche il lavoro in ambito clinico con le donne che subiscono violenza dovrebbe essere improntato su un supporto che mira a lavorare sul dato di realtà: la sofferenza generata dalla violenza. Bisogna, dunque, creare un’alleanza terapeutica basata sul supporto psicologico.

Solo dopo un lavoro di questo tipo si potrà andare più in profondità e capire meglio il perché, a volte, si rimane in una relazione violenta.

Inoltre, ritengo come professionista che ha lavorato nell’ambito che sia necessario anche il lavoro da fare con gli autori di violenza. Questi, in un percorso individuale e mirato a elaborare la violenza agita, possono accettare la conclusione della relazione e imparare a tollerare la frustrazione associata ad essa.

Infine, il percorso può permettere anche la comprensione del bisogno di poterne che si innesca nella relazione. In merito a questo in Italia si stanno diffondendo i CAM (Centro Uomini Maltrattanti), a cui fare riferimento.

A questo punto è dunque necessario tornare a parlare dei cambiamenti sociali necessari per rendere i processi di autonomia delle donne più adeguati ai tempi in cui viviamo.

Il welfare dovrebbe infatti garantire alle donne la possibilità di lavorare e gestire i figli senza dover rinunciare alla propria autonomia economica per gestire il ménage familiare.

Questo aspetto puramente sociale avrebbe un impatto positivo sulla vita relazionale e psicologica di coppia soprattutto per quanto concerne la parità.

Infatti, bisogna sempre ricordare che la violenza parte da un bisogno di disparità e di potere di uno sull’altra.

Dott.ssa Chiara Moschella
Psicologa Psicoterapeuta

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