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Studio di Psicologia e Psicoterapia
 
L'Omosessualità
non è una malattia
omosessualita
comosessualita

L’omosessualità non è una malattia da curare, né un orientamento sessuale da modificare, sostenere il contrario è una informazione retrograda e scientificamente priva di fondamento.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’omosessualità è una “variante naturale del comportamento umano” e quindi uno degli esiti possibili di un normale sviluppo dell’affettività di una persona.

Naturalmente, tale sviluppo non riguarda solamente la sessualità ma la più ampia possibilità di creare relazioni e quindi legami affettivi ed emotivi oltre che sessuali.

Bisogna considerare come vi siano delle possibili definizioni rispetto all’orientamento sessuale come “omosessuale”, “gay”, “lesbica”, “bisessuale”, “eterosessuale”, come anche il rifiuto di un’etichetta prestabilita.

Quello che risulta necessario, piuttosto, è l’accettazione delle differenze e delle sfumature che caratterizzano ciascun individuo.

La nostra società ripudia l’omofobia poiché rimanda alla non accettazione di ciò che appare “diverso”, fino, talvolta, ad arrivare a identificarsi con comportamenti violenti e non tolleranti.

Nella nostra cultura, tuttavia, l’eterosessualità viene spesso indicata implicitamente come condizione “normale”, probabilmente perché più rassicurante in termini sempre sociali. Tutto ciò però può causare particolare stress per chi viene a contatto con tali pregiudizi o, nei casi più gravi, violenze.

Ecco alcuni pregiudizi diffusi, l’elenco potrebbe essere molto più numeroso:

  • L’omosessualità è una “scelta”

  • L’omosessualità è colpa della madre

  • Avere un figlio omosessuale è una sciagura

  • L’omosessualità si può curare

  • L’omosessualità è “contronatura”

  • I gay sono immorali, senza religione

  • I gay sono tutti effeminati e le lesbiche sono tutte mascoline

  • Se tutti fossero omosessuali, la specie estinguerebbe

  • I figli hanno bisogno di un papà e di una mamma per crescere bene

  • Gli omosessuali hanno una sessualità sfrenata.

I pregiudizi relativi e gli attacchi legati alla “diversità” di genere sono assai frequenti ma, purtroppo, sembrano essere maggiormente accettati a livello sociale, rispetto ad quelli relativi ad altri tipi di “diversità” come ad esempio quelli legati al colore della pelle o al paese di provenienza.

Inoltre, le persone non-eterosessuali, non sempre possono contare sul sostegno della famiglia che, spesso, può rappresentare un’ulteriore fonte di disagio e stress.

Bisogna considerare come gli episodi di discriminazione e violenza possono avere un impatto emotivo molto forte che va ben oltre l’evento in sé e colpisce non solo le vittime “dirette”, ma tutti coloro che temono “sarebbe potuto capitare anche a me”.

Numerose ricerche considerano il pregiudizio e la discriminazione come fattori di stress.

In particolare, lo sviluppo psicologico di molte persone non eterosessuali appare segnato da una dimensione di stress continuativo, conseguenza di ambienti ostili o indifferenti, episodi di stigmatizzazione, casi di violenza.

Da vari studi emerge che gli individui omosessuali o bisessuali, se confrontati con gli eterosessuali, sono esposti a un rischio decisamente maggiore di aggressioni o altri eventi traumatici.

Il lavoro terapeutico serve ad individuare le sofferenze vissute qualora la persona viva la sua identità sessuale in modo non sereno, eventualmente mettendo a fuoco i conflitti interni, al fine di favorire l’integrazione delle componenti sessuali ed affettive in un’identità che rispecchi il sentire della persona in modo autentico.

Nei casi in cui il proprio orientamento sessuale non è accettato c’è chi fa richiesta di modificarlo; in questi casi il soggetto va ascoltato e sostenuto nel comprendere le ragioni della sua difficoltà ad accettarsi, non con la promessa di terapie miracolistiche prive di efficacia dimostrata.

Questo desiderio, all’interno del setting terapeutico, viene compreso, non fornendo al paziente una risposta o una prescrizione pratica quanto, piuttosto, un sostegno per esprimere se stesso, in un contesto adeguato e sicuro.

Il lavoro con il professionista aiuterà il soggetto ad integrare le componenti sessuali e affettive in un’identità coesa, arrivando a fare esperienza di una dimensione più autentica di sé, a diventare consapevole dei pregiudizi e degli stereotipi interiorizzati.

Dott.ssa Cristina Nobili
Psicologa Psicoterapeuta

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Bibliografia

  • Lingiardi, V., Nardelli, N. (2014). Linee guida per la consulenza psicologica e la psicoterapia con persone lesbiche, gay e bisessuali. Raffaello Cortina.

  • www.noriparative.it


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